Gli uomini che complottarono per uccidere Geremia Stampa

“Allora essi presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, figlio del re, che era nel cortile della prigione; vi calarono Geremia con delle funi. Nella cisterna non c’era acqua ma solo fango, e Geremia affondò nel fango” (Geremia 38:6)

Durante l'assedio babilonese di Gerusalemme, il profeta Geremia finì in fondo a una vecchia cisterna piena di fango. I notabili della città temevano che le sue profezie, che per loro erano soltanto “annunci di sventura”, demoralizzassero i soldati.

Infatti, Geremia annunciava l’imminente invasione da parte dei babilonesi guidati da Nabucodonosor, e consigliava di sottomettersi al loro potere invece che cercare un'alleanza con gli egiziani, in quanto si trattava del giudizio divino sul popolo di Giuda, reo di aver abbandonato Dio: “Così parla il Signore: ‘Questa città sarà certamente data in mano dell’esercito del re di Babilonia, che la prenderà’” (Geremia 38:3).

Nel tentativo di zittire quella “propaganda negativa”, i ministri del regno di Giuda cospirarono per eliminarlo, facendo pressioni sul re: “I capi dissero al re: ‘Quest’uomo sia messo a morte, poiché rende fiacche le mani degli uomini di guerra, che rimangono in questa città, e le mani di tutto il popolo, tenendo loro tali discorsi; quest’uomo non cerca il bene, ma il male di questo popolo’. Allora il re Sedechia disse: ‘Ecco, egli è in mano vostra; poiché il re non può nulla contro di voi’” (Geremia 38:4,5).

Un sigillo conservato in un astuccio ritrovato a Gerusalemme, negli scavi alla Città di Davide, porta impresso il nome di uno dei notabili di allora, Gedalyakhu Ben Pashur (Ghedalia, figlio di Pascur), che Geremia cita assieme a quello di Yehukual Ben Shelemyahu (Iucàl, figlio di Selemia), il cui sigillo è stato ritrovato tre anni fa nella stessa zona, tra i resti della distruzione del primo Tempio. I sigilli misurano un centimetro di diametro. I due ministri cercarono di convincere il re Sedechia (597- 586 a.C.) a giustiziare il profeta, perché esortava la città sotto assedio ad arrendersi: “Sefatia figlio di Mattan, Ghedalia figlio di Pascur, Iucal figlio di Selemia, e Pascur figlio di Malchia, udirono le parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo…” (Geremia 38:1).

La direttrice degli scavi, docente all'università di Gerusalemme, ha affermato che assai raramente gli archeologi si imbattono in ritrovamenti che hanno legami così concreti con figure storiche significative, capaci di riportare in vita quanto successo nell’Antico Testamento. Non è la prima volta che nell'area della Città di Davide vengono scoperti sigilli con nomi e riferimenti biblici. Nel 1982, era stata recuperata la bolla di Gemayahau ben Shaphan (Ghemaria, figlio di Safan), citato come ministro durante il governo di Ioiachim (608-597 a.C.), terzo figlio di Giosia: “L’anno quinto di Ioiachim, figlio di Giosia, re di Giuda… Baruc lesse dal libro le parole di Geremia in presenza di tutto il popolo, nella casa del Signore, nella camera di Ghemaria, figlio di Safan, segretario…” (Geremia 36:9,10).

Geremia predicò dal 622 a.C. fino a oltre il 586 a.C., quando il piccolo regno di Giuda si trovò coinvolto nel gioco delle grandi potenze del tempo: Egitto, Assiria, Babilonia. Dopo la caduta di Gerusalemme, avvenuta nel 586 a.C. per mano dei babilonesi, Geremia non andrà in esilio ma rimarrà in quella che è ormai una provincia dell'impero babilonese, almeno fino a quando non lo prenderanno con la forza per portarlo in Egitto, dove morirà (cfr. Geremia 43:5-7).