Conseguenze di un Errore non Corretto Stampa

L'IDOLO DI MICA

Giudici 17:1-13 

I racconti del libro dei Giudici sono spesso sconcertanti, si stenta a credere che gli Israeliti siano stati capaci di tanto. Tuttavia si tratta, come per ogni porzione della Parola di Dio, di narrazioni che hanno molto da insegnare. La storia dell’idolo di Mica, narrata nel capitolo diciassette, ne è un esempio, essa mostra quali imprevedibili conseguenze può avere un errore non corretto prontamente. 

UNA FAMIGLIA IN ERRORE

Il racconto inizia con la denuncia di un furto: Mica ha rubato una cospicua somma a sua madre, soldi che sarebbero stati suoi in ogni caso, ma la sua avidità lo induce a prenderli “prima del tempo”. Pur essendo del popolo d’Israele, Mica non si preoccupa di osservarne le prescrizioni, non si cura del divieto divino di rubare prescritto dal comandamento. Teme molto di più la maledizione lanciata dalla madre contro il ladro, un fatto che lo spaventa a tal punto da fargli restituire il maltolto. La sua è una fede superstiziosa che non teme di offendere la legge divina ma s’impaurisce di fronte a un’imprecazione. La reazione della mamma di Mica, che prima maledice il ladro e poi, scoperto che si tratta del figlio, lo benedice, lascia attoniti. Invece di redarguirlo, la donna fa un voto che sarà la rovina definitiva del figlio: decide di fondere le monete per farne un idolo. Certo è una mamma scaltra, che sa badare ai suoi interessi se, consapevole delle debolezze del figlio, capisce che non può più lasciare i sicli come sono. La scaltrezza si evince ancora di più dalla decisione di far fondere soltanto 200 dei 1.100 sicli recuperati. Purtroppo non riserva la stessa attenzione all’osservanza dei comandamenti divini se, per rimediare al male compiuto dal figlio che ha infranto il divieto di rubare, ne commette uno lei infrangendo il divieto di farsi sculture e immagini. Ricevuto in dono l’idolo, Mica pensa sia cosa buona costruire un piccolo tabernacolo per ospitarlo. Vi aggiunge giusto qualche altro “piccolo idolo domestico”, dopodiché fa un efod e consacra uno dei suoi figli come sacerdote del santuario di famiglia. Ben presto quel luogo diventa un centro di divinazione per gli abitanti del posto e l’errore di Mica comincia a estendere i suoi venefici effetti ai vicini. Mica ha fatto tutto senza ricevere la pur minima correzione: non l’ha corretto la madre, che avrà non poche responsabilità nelle scelte del figlio, e non lo farà il servo di Dio che di lì a poco busserà alla sua porta.  

 

UN SERVO DI DIO IN ERRORE

Un giovane levita proveniente da Betlemme e in cerca di un buon posto dove stabilirsi giunge a casa di Mica giusto in tempo, il suo arrivo sembra provvidenziale. Che cosa spinge quel giovane a vagare in lungo e in largo? Forse è insoddisfatto a causa dell’infedeltà del popolo, che gli fa mancare quel che gli spetta secondo la legge divina, forse è semplicemente animato dal desiderio di sperimentare cose nuove, certo è che finisce per essere coinvolto, anche lui, in un errore che ne rivelerà tutta l’inadeguatezza come servo di Dio. Mica ha consacrato come sacerdote dell’idolo suo figlio ma non è soddisfatto, ne vuole uno “di lignaggio”, così quando il levita si presenta alla sua porta, pensa subito di assoldarlo. Né lui né sua madre si sono fatti scrupolo di forgiare un idolo di casa, figuriamoci se ne hanno nel corrompere un levita. Quel giovane servo avrebbe dovuto riprendere Mica anziché farsi stipendiare, ma nella sua ricerca di “un buon posto dove stabilirsi” aveva evidentemente perso di vista il senso della sua chiamata. Mica si sente finalmente appagato, anzi di più, si sente benedetto da Dio e dice: “Ora so che il Signore mi farà del bene, perché ho questo Levita come mio sacerdote” (Giudici 17:13). Il ritorno d’immagine dovuto alla presenza di un levita nel suo santuario domestico sarebbe stato considerevole. Se chi cammina nel male, riceve del bene, finisce per convincersi di essere nel giusto.  

 

UN POPOLO IN ERRORE

Non molto tempo dopo i fatti sopra narrati, la tribù di Dan, che a seguito della propria infedeltà non è stata in grado di conquistare la terra assegnatale dal Signore, si mette alla ricerca di un nuovo territorio dove stabilirsi. Dopo lungo girovagare i Daniti giungono a casa di Mica e chiedono al giovane levita una divinazione. Vogliono sapere se il viaggio intrapreso avrà una buona riuscita, ma così facendo si lasciano coinvolgere nell’errore di Mica. Il vaticinio dell’idolo è, neanche a dirlo, favorevole. Del resto non si è mai visto un falso profeta predire qualcosa di sconveniente a chi lo interroga, è proprio questa la differenza tra i veri e i falsi profeti. Visto che l’idolo gli ha predetto la vittoria, i Daniti decidono di rubarlo per averlo sempre appresso. Il levita cerca di impedirlo ma, intravedendo la possibilità di un ennesimo vantaggio personale, si vende nuovamente. L’ha fatto una volta, perché non può farlo ancora? Più tardi, però, quando i Daniti conquisteranno la città di Lais ribattezzandola con il nome della loro tribù, sacerdote dell’idolo non sarà il giovane levita ma addirittura un nipote di Mosè, che dava evidentemente maggior prestigio al santuario. Come si sarebbe comportato Mosé con i suoi discendenti se li avesse visti officiare un culto idolatra? Non è difficile da immaginarlo. Diversi secoli dopo questi fatti, al tempo della divisione della monarchia, Geroboamo, il re d’Israele caduto nell’idolatria, metterà uno dei suoi due vitelli d’oro proprio a Dan. Perché a Dan? Perché quella città gli appare come un luogo particolarmente propizio: sono solo è quella più a nord del suo regno, ma i suoi abitanti sono già abituati all’idolatria.  

Chi l'avrebbe mai creduto che il peccato di una famiglia portasse a tali conseguenze? Dall’avidità di un figlio, alla debolezza di una mamma, all’incuria di un servo, all’infedeltà di una tribù, all’apostasia di un regno, la discesa verso il peccato fu inarrestabile. Il peccato, gli errori, le malattie spirituali vanno debellate subito, ben sapendo che “chi avrà riportato indietro un peccatore dall’errore della sua via salverà l’anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati" (Ebrei 12:6).