Libertà ed edificazione Stampa
"OGNI COSA È LECITA, MA NON OGNI COSA EDIFICA" (I CORINZI 10:23)

L'apostolo Paolo aveva parlato ai Corinzi dell'emancipazione dal giogo della legge e della libertà cristiana e con ogni probabilità il suo insegnamento era stato travisato e usato per giustificare qualsiasi comportamento: “Ogni cosa è lecita”. Egli deve precisare così che sebbene ogni cosa sia lecita, “non ogni cosa è utile” e questo perché “non ogni cosa edifica”.

Paolo subordina al conseguimento del bene, altrui ancor prima che proprio, qualsiasi scelta comportamentale (I Cor. 10:24,33; Rom. 15:2). Il comportamento del credente deve essere sempre alla gloria di Dio per l'edificazione della chiesa, così da portare alcuni alla nuova nascita e altri alla maturità.

La reciproca edificazione

Nel Nuovo Testamento il verbo “edificare” è usato sia per indicare la costruzione di edifici, sia in senso metaforico con riferimento all'attività di:

1.    Cristo, Architetto della Sua Chiesa (Matt. 16:18; Ef. 2:20-22).
2.    Ogni cristiano (I Cor. 3:9-10; II Cor. 13:10).

Usato simbolicamente, “edificare” significa promuovere la crescita spirituale, la formazione del carattere cristiano, attraverso l'esempio e l'insegnamento. L'uso di questo termine rivela che il progresso spirituale è il prodotto di un paziente lavoro di “costruzione”, sia per quanto concerne il singolo credente (I Cor. 14:4; Giuda 20), che l'intera comunità (I Cor. 14:12,26; I Tess. 5:11).
L'edificazione dei credenti è resa possibile:

1.    Dall'insegnamento della Parola di Dio (Atti 20:32; I Cor. 14:26).
2.    Dall'opera del ministerio (Ef. 4:11,12; II Cor. 10:8).
3.    Dall'amore per la pace (Ef. 14:19; 4:29).
4.    Dalla manifestazione dello Spirito Santo (I Cor. 14:3-5,12).

Lecito ma non edificante

Senza dubbio l'apostolo Paolo aveva istruito i Corinzi a considerare come indifferenti molte delle cose alle quali i Giudei attribuivano valore “salvifico” e i Greci valore “sacro”. Tuttavia, tante cose che non erano né proibite né proibibili erano ugualmente da evitare per i credenti, in quanto avrebbero potuto avere effetti deleteri sulla testimonianza.

1.    Questioni adiafore? Paolo certo non considerava come indifferenti quelle realtà che erano da condannare esplicitamente (I Cor. 5:1,11; 6:6,7; 10:8,10), piuttosto si riferiva alle questioni che i filosofi antichi chiamavano “adiafore”, vale a dire che dal punto di vista etico non costituivano né un vizio né una virtù. Ad esempio, mangiare il cibo sacrificato agli idoli in privato e indipendentemente dal tempio era “adiaforo”, ossia indifferente (non è propriamente un bene, ma non è neppure un male - I Cor. 10:25; 8:4). Tuttavia, poteva diventare peccato se si mangiava lo stesso cibo partecipando in qualche modo al culto idolatra (I Cor. 10:28; 8:7).

2.    Una pietra d'inciampo. Le realtà considerate “adiafore” si rivelano spesso una pietra d'inciampo per la testimonianza. La libertà personale esercitata senza riguardo ai bisogni degli altri e alla gloria di Dio è comunque un male (I Cor. 8:10,11; Rom. 14:16-21).

"Libertà" che edifica o schiavitù

“Dove è lo Spirito del Signore, c'è libertà” (II Cor. 3:17) è il verso menzionato frequentemente da chi sostiene l'assoluta, incondizionata e insindacabile libertà di decisione e di azione del cristiano. Chi interpreta in questo modo la propria libertà in Cristo sceglie, spesso inconsapevolmente, di iscriversi a quella scuola di pensiero che nega ogni funzione alla legge, e per estensione anche alle più elementari regole di vita cristiana, che va sotto il nome di Antinomismo (da due parole greche: anti, “contro”, e nomos, “legge”). Costoro finiscono per non rispettare neppure quel semplice concetto democratico di libertà che dice: “La mia libertà finisce dove inizia quella altrui”.
 
1.    La sottomissione alla legge dello Spirito Santo. Il concetto di libertà nel Nuovo Testamento è espressamente riferito alla libertà dalla legge del peccato e della morte, ma implica la sottomissione alla legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù (Rom. 8:2; Col. 1:13). Nella libertà dello Spirito comincia per il credente una trasformazione personale a immagine di Dio (Ef. 4:21-24; Rom. 6:22). È questo il rinnovamento per opera dello Spirito Santo che determina la condotta dei credenti e non più la legge (Giac. 1:25).

2.    La libertà di essere quel che Dio vuole. Liberati dall'opera di Cristo, i credenti non vivono più per affermare i propri diritti, ma per la sola gloria di Dio. Qualsiasi cosa deve essere subordinata a tale scopo, che è il più importante (I Cor. 9:19-23). Ecco perché Paolo esorta i Corinzi ad avere una tenera sollecitudine per tutti: la loro condotta avrebbe potuto avere ripercussioni tali da impedire la salvezza di alcuni (I Cor. 10:31-33). Insistere nell'affermazione dei propri diritti, anche se sostenuti da una buona convinzione, può fare del male ad altri. La libertà dell'Evangelo è la libertà di essere quel che Dio vuole.

3.    Non mi lascerò dominare da nulla. L'apostolo Paolo parlando dell'esercizio della propria libertà cristiana afferma: “Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla” (I Cor. 6:12). Egli era consapevole di essere libero non per divenire schiavo delle proprie passioni, ma per servire Cristo: soltanto chi serve Dio è veramente libero (Gal. 5:1). Paolo non permetteva ad alcuna cosa, “adiafora” o meno che fosse, di dettargli legge e farlo suo schiavo perché egli era già “schiavo di Cristo” (Rom. 1:1; Gal. 5:13; I Pietro 2:16). La libertà che diventa schiavitù è odio per se stessi (II Pietro 2:19).

L’amore edifica

Il principio della libertà deve essere regolato dall'amore se si vuole che edifichi (I Cor. 8:1; Ef. 4:16). L'attività lecita diventa inutile, anzi spiritualmente dannosa, se non edifica o non cerca il vantaggio degli altri. Se la conoscenza non è guidata dall'amore, il diritto del “sapiente” diventa un ostacolo, un inciampo. Qualcuno ha detto: “La conoscenza può far sì che un uomo sembri grande, ma è solo l'amore che può farlo crescere sino alla sua massima statura”.

Una rinuncia per amore. Paolo pone pertanto l'accento sulla priorità dell'amore fraterno, non vuole scandalizzare nessun fratello, ma essere edificato e edificare, e soltanto la conoscenza guidata dall'amore può far questo (I Cor. 8:9). L'amore di Cristo fa dimenticare la propria libertà pur di non costituire un ostacolo per il fratello, invece chi insiste nell'affermare il proprio diritto e turba il fratello, per il quale Cristo è morto, non cammina nell'amore (Marco 12:31; I Giov. 3:14). Non esitare a rinunciare a ciò che è lecito se sai che non edificherà i tuoi fratelli: “Or il Dio della pace che in virtù del sangue del patto eterno ha fatto risalire dai morti il grande pastore delle pecore, il nostro Signore Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, affinché facciate la sua volontà, e operi in voi do che è gradito davanti a lui, per mezzo di Gesù Cristo; a lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen” (Ebrei 13:20-21).