Possiedi la vita eterna? Stampa

LUCA 16:19-31

Sebbene molte volte Gesù abbia fatto uso della parabola, ossia di un racconto breve che spiega un concetto difficile con uno più semplice, qui narra una storia vera, un avvenimento che soltanto Lui poteva conoscere essendo venuto dal cielo (cfr. Gv. 3:13).


Attraverso di esso apprendiamo verità importanti sulla vita eterna che diversamente ignoreremmo, verità che ci rendono liberi dall’ignoranza e da ogni forma di superstizione: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv. 8:32).

Prima verità: c’è vita dopo la morte

Tutti gli uomini muoiono: il racconto riferisce di due uomini molto diversi che a un certo punto muoiono.
Il primo era stato ricco e aveva vissuto solo per la vita terrena. Conosciuto come un “ricco epulone”, ossia una persona che si compiaceva in molti e delicati cibi e in ogni tipo di godimento materiale, mentre era in vita non aveva mai provato pietà per chi era in una condizione più misera della sua.
Il secondo uomo, del quale si conosce anche il nome, Lazzaro, aveva vissuto una vita molto più dura, fatta di sofferenza, di malattia e di stenti, tanto da desiderare di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco. Era un uomo giusto, ma non in quanto povero, bensì perché aveva imparato a porre fede in Dio.
Luoghi diversi: dopo la morte l’uomo ricco e Lazzaro non si dissolsero ma andarono in luoghi ben definiti dei quali avevano piena coscienza. Il ricco andò nel “soggiorno dei morti”, luogo dove sono custoditi gli uomini non salvati in attesa del giudizio finale, mentre il povero andò nel “seno d’Abramo”, che custodiva i credenti morti al tempo dell’Antico Testamento.
Era stato il modo in cui avevano speso i loro anni sulla terra a determinare il luogo nel quale avrebbero trascorso l’eternità. Nella Bibbia è chiaramente insegnato che “…è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebr. 9:27). Questo significa che la nostra vita passeggera e fugace sulla terra determina la nostra vita nell’eternità!

Seconda verità: la condizione dopo la morte è immutabile

Condizioni diverse: nel soggiorno dei morti il ricco è tra i tormenti, tanto da desiderare che Lazzaro, il povero mendicante che aveva ignorato per tutta la vita e che ora aveva trovato consolazione, si recasse da lui per rinfrescargli la lingua con la punta del dito intinta nell’acqua.
A differenza di quel che molti credono, la Bibbia insegna che il destino degli uomini non si “livella” dopo la morte, non è uguale per tutti. Totò, il noto comico napoletano, in una sua acutissima poesia intitolata “La livella” fa dialogare due defunti, un marchese e un netturbino. Il nobile marchese si lamenta del fatto che la sua tomba sia troppo vicina a quella dell’uomo di umili condizioni, il quale dopo aver sopportato per un po’ le rimostranze del nobile, stizzito lo apostrofa dicendo: “Morto sei tu e morto sono io… la morte sai cos’è? È una livella”.
Per quanto brillante sia la composizione, non dice esattamente la verità. La Bibbia insegna, infatti, che bisognerà “…comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male” (2 Cor. 5:10).
Una grande voragine:  anche se Abramo avesse voluto, non avrebbe potuto mandare Lazzaro dal ricco perché “una grande voragine” separava i due luoghi, impedendo di fatto a chiunque di passare da un luogo all’altro. Questo vuol dire che la condizione dell’uomo non può essere cambiata dopo la morte, può esserlo soltanto mentre si è in vita. Conscio di ciò, lo scrittore del Salmo 90 prega Dio di insegnargli a “…contar bene i …giorni, per acquistare un cuore saggio” (90:12).

Terza verità: c’è ancora speranza per te

Un grido d’aiuto: il ricco epulone capisce che non può più fare nulla per se stesso, spera allora di aiutare almeno i suoi cinque fratelli che sono ancora in vita. Chiede ad Abramo di mandare Lazzaro da loro per impedire che finiscano nel medesimo “luogo di tormento”. Crede che se “…qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno”, ma ancora una volta si sente opporre un rifiuto. Perché? Almeno per due motivi: Dio ha stabilito che non vi sia alcun contatto tra i trapassati e i viventi (“…Un popolo non deve forse consultare il suo Dio? Si rivolgerà forse ai morti in favore dei vivi?” - Is. 8:19); l’incredulità dell’uomo non può essere vinta neppure se un morto risuscita (quando Gesù risuscitò il Suo amico Lazzaro, i capi religiosi non si ravvidero ma complottarono di ucciderlo - Gv. 11:45-53).
La salvezza fornita da Dio: Abramo fa sapere al ricco che Dio ha stabilito un altro mezzo per convincere gli uomini a ravvedersi: “…Mosè e i profeti…” (v. 29) Nel Suo infinito amore, infatti, Dio nel tempo ha mandato una lunga serie di testimoni per avvisare l’uomo affinché si sottragga al giudizio eterno.
Non desiderando la morte dell’uomo ma la sua salvezza eterna, Dio ha mandato infine il più grande di tutti i profeti, Cristo Gesù, “…il suo unigenito Figlio…” (Gv. 3:16). Egli, massima espressione dell’amore di Dio, ha fatto all’uomo questa promessa: “…chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai…” (Gv. 11:25, 26).

Riflettiamo sul senso della vita terrena e sulla necessità di essere salvati per avere vita eterna. La nostra vita futura dipende dalla scelta che facciamo oggi, qui sulla terra. Soltanto “chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Gv. 3:36)