Quanto desideri la benedizione di Dio? Stampa

GIOSUÈ 14:6-14

Prima che parte del territorio conquistato nella terra promessa fosse assegnato a sorte alla tribù di Giuda, l’ottantacinquenne Caleb si fece avanti e rivendicò una promessa che Mosè gli aveva fatto ben quarantacinque anni prima (cfr. Deuteronomio 1:36). Quanti di noi avrebbero fatto lo stesso?

Il fulgido esempio di Caleb non solo ci mostra con quale intensità bisogna desiderare l’adempimento delle promesse divine nella propria vita, ma ci insegna anche quali sono le condizioni indispensabili per realizzarle.


FEDE CERTA

Caleb ricordò al suo vecchio compagno Giosuè, il giorno indimenticabile nel quale soltanto loro, delle dodici spie mandate da Mosè ad esplorare la terra promessa, avevano sostenuto che la conquista era possibile: “Saliamo… perché possiamo riuscirci benissimo” (Numeri 13:30).
Dimostrò di possedere un’attitudine diversa dalle altre spie e non si lasciò contagiare dalla paura e dall’incredulità, non si unì al coro di quanti dicevano: “Noi non siamo capaci di salire contro questo popolo” (Numeri 13:31). Fu per quella scelta coraggiosa che Dio decise di benedirlo particolarmente.
Caleb non minimizzò i problemi costituiti dai giganti e dalle città fortificate, ritenne semplicemente Dio più forte. Al contrario, l’incredulità dei suoi compagni finì per ingigantire i problemi e sminuire Dio. L’incredulità aveva fatto dimenticare loro le vittorie che Dio aveva già concesso.
Avevano già dimenticato che Dio aveva aperto il mare davanti a loro? Che le acque avevano inghiottito l’esercito egiziano? Che aveva fatto sgorgare acqua dalla roccia per dissetarli? Che li aveva liberati dalla mano degli Amalechiti? Che aveva aperto il Giordano per farli entrare nella terra promessa? Che aveva abbattuto le mura di Gerico?
Caleb, certo delle sue convinzioni, è un bellissimo esempio di fede, quella fede che è “…certezza di cose che si sperano…” (Ebrei 11:1). Se oggi il Signore dicesse a noi: “Vi sia fatto secondo la vostra fede” (Matteo 9:29), che cosa realizzeremmo?


COSTANZA

“…la prova della vostra fede produce costanza” (cfr. Giacomo 1:3). La fede non preservò Caleb da quarant’anni di deserto, tuttavia tutti quegli anni non lo fiaccarono e non appena il momento fu propizio, egli si presentò a rivendicare l’eredità promessagli: “Dammi dunque questo monte del quale il Signore parlò quel giorno…” (Giosuè 14:12).
Durante tutti quegli anni Dio l’aveva mantenuto in vita, un tempo lungo nel quale non perse mai di vista la sua eredità e imparò il valore della costanza: “Infatti avete bisogno di costanza, affinché, fatta la volontà di Dio, otteniate quello che vi è stato promesso…” (Ebrei 10:36).
“Ecco, noi definiamo felici quelli che hanno sofferto pazientemente. Avete udito parlare della costanza di Giobbe, e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore…” (Giacomo 5:11). Quarantacinque anni di attesa per il compimento di una promessa sono un periodo lunghissimo, soprattutto se per colpa di altri, ma Caleb aspettò pazientemente. Ogni volta che il cammino nel deserto si faceva duro, ricordava il monte sul quale aveva camminato nell’esplorazione della terra promessa e confidava che Dio gliel’avrebbe dato un giorno.
Qual era l’alternativa? Diventare un credente insoddisfatto, capace solo di rimpiangere quel che non aveva ancora avuto. Sebbene in quarant’anni sono molte le occasioni di scoraggiamento, Caleb non si lasciò vincere, guardò sempre al futuro con occhi pieni di fede per non perdere di vista la Sua eredità.


SPIRITO DIVERSO

Nel libro dei Numeri Dio rende testimonianza a Caleb con queste parole: “Il mio servo Caleb è stato animato da un altro spirito” (Numeri 14:24). Qual era questo spirito? Lo stesso che deve animare ogni credente, lo Spirito di Dio. Egli vuole donare a tutti quelli che credono una “fede certa” capace di guardare al futuro con “ferma costanza”. Ogni volta che attraversando il deserto della vita ci sentiremo stanchi, saremo colti da un’improvvisa tempesta che ci farà temere il peggio, lo Spirito di Dio ci sosterrà e non ci farà perdere di vista le promesse divine.
“…egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore” (Ef. 3:16).
A ottantacinque anni Caleb avrebbe potuto chiedere un posto tranquillo dove trascorrere gli ultimi anni della sua vita, domandò invece che gli venisse assegnato lo stesso territorio che aveva tanto spaventato le dieci spie quarant’anni prima. Era pronto ad intraprendere una nuova sfida contro gli Anachim e le grandi città fortificate.
Lo Spirito che lo animava era decisamente diverso da quello degli efraimiti che si presentarono per reclamare un territorio più vasto per la loro grande tribù. Giosuè riconobbe che la loro richiesta era legittima, ma rispose semplicemente che se volevano più terra dovevano solo conquistarla: “Se siete un popolo numeroso, salite alla foresta e dissodatela… dato che la regione montuosa d’Efraim è troppo esigua per voi” (17:15). Possedere è bello, lottare lo è meno.

Se desideri progredire nell’immenso territorio delle benedizioni di Dio, allora impugna le armi della fede e combatti. Il Signore ti ha messo davanti “le benedizioni del paese” ed è pronto ad equipaggiarti con il Suo Spirito perché te ne impossessi e ne godi.